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Tariffa rifiuti, il Governo vuole L’Iva

L’Economia continua a chiedere l’applicazione di un’imposta illegittima per la Cassazione
Gianni Trovati
MILANO
ma: Ma sulla tariffa rifiuti è giu¬sto pagare ancora l’Iva? «No», spiega la Corte costituzionale, «sì», sostiene il ministero dell’Economia, «no», ribatte la Cassazione, «certo» chiarisce l’agenzia delle Entrate,-«no», ri¬tiene la commissione tributaria provinciale di Siena, «sì», contro-argomenta quella di Venezia.
L’ultimo capitolo (finora) di questa vicenda infinita è stato scritto proprio a Venezia, ma non dai giudici tributari. Veritas, la società che gestisce il ser¬vizio rifiuti del capoluogo e di al¬tri 24 Comuni, visto il montare del contenzioso alimentato dal¬le richieste di rimborso da parte degli utenti (e dalle sentenze a loro favorevoli dei giudici di pa¬ce} ha scritto all’agenzia delle Entrate per chiedere lumi sull’applicazione o meno dell’Iva sulla tariffa.
La partita a ping pong tra Esecutivo, Cassazione e Consulta ha impedito fino a questo momento la soluzione del problema
La risposta dell’Agenzia, arrivata la scorsa settimana, si limita a richiama¬re una circolare dell’Econo¬mia in cui si sosteneva la cor¬rettezza del binomio Iva-Tia. Intanto, 200 chilometri più a Sud, la Procura della Repub¬blica di Rimini ha aperto un fa¬scicolo su Hera perché la so¬cietà ha deciso di continuare ad applicare l’Iva, proprio sul¬la scorta di quella circolare. Come si è arrivati fin qui?
Più che alle Entrate, che natu¬ralmente devono seguire le indi¬cazioni ufficiali dell’Economia, la risposta va chiesta al Gover¬no, anzi ai Governi che si sono succeduti da quando è nato il problema. Tutto inizia in un cal¬do pomeriggio del luglio 2009, quando la Corte costituzionale ha spiegato che la Tia è una tarif¬fa di nome ma nei fatti è una tas¬sa, perché il conto non è propor¬zionale alla quantità del servi¬zio reso. Conseguenza ovvia: l’Iva non può essere chiesta perché non si applica un’imposta su una tassa. Da lì alla pioggia di richieste di rimborso, avanzate da cittadini spesso con l’aiuto delle associazioni dei consuma¬tori, il passo è stato breve. Nes¬sun indennizzo, però, è arrivato al traguardo, nonostante le sen-tenze a favore degli utenti, per¬ché l’Iva incassata dalle imprese è subito girata allo Stato, che è quindi l’effettivo titolare dell’en¬trata “illegittima”.
Dalla sentenza della Consul¬tai Governi non sono stati inatti¬vi ma i tentativi di soluzione del problema si sono rivelati malde¬stri. Il primo è stato molto diret¬to: un comma della manovra estiva 2010 ha provato a stabili¬re per legge che la tariffa rifiuti «non è tributaria», al contrario di quanto affermato dalla Con¬sulta, ma la sfortuna ci ha messo lo zampino perché il riferimen¬to normativo era sbagliato. La norma si occupava infatti della nuova tariffa, prevista dal codi¬ce ambientale del 2006 ma di fat¬to inattuata, e non di quella vec¬chia, introdotta dal decreto Ron¬chi del 1997 e applicata dai Co¬muni. Da qui la circolare 3/2010, richiamata dalla risposta delle Entrate all’azienda veneziana, con cui l’Economia aveva prova¬to acrobaticamente a sostenere l’identità tra la prima e la secon¬da tariffa. Tesi audace ma smen¬tita prima dalla Corte dei conti e poi dalla Cassazione, che con la sentenza 3756/2012 l’ha bollata come «forzatura logica del tut¬to inaccettabile».
La palla, a quel punto, è torna¬ta al Governo, che a marzo era tornato a ipotizzare una nuova «norma di interpretazione au¬tentica» (marzo 2012) e poi, vi¬sta l’impraticabilità di quella strada, ha annunciato alla Camera per bocca del ministro Grilli l’avvio di un monitoraggio per valutare «l’effettivo modello di raccolta e smaltimento» adotta¬to dai Comuni. Da allora, però, non è successo nulla e il proble¬ma rimane aperto. Mega-arre¬trato a parte (si veda la pagina a fianco), per il futuro la questio¬ne dovrebbe chiudersi nel 2013, quando tassa e tariffa rifiuti la¬sceranno il posto alla nuova «Tares» federalista: un’impo¬sta che moltiplica il rischio-au-menti nei Comuni che oggi ap¬plicano la tassa rifiuti, modalità “alternativa” alla tariffa, perché impone di coprire integralmen¬te i costi del servizio.

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